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A sessant’anni da “Quarta generazione. La giovane poesia”

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quartagenerazione

Questo pezzo è uscito su Alias/il manifesto.

di Diego Bertelli

Esistono oggi in Italia premi letterari dedicati espressamente alla poesia «giovane», così come ci sono antologie contemporanee il cui criterio selettivo non sfugge alla rigidità del dato anagrafico per sostenere selezioni di poeti che siano, prima di tutto, «giovani». Sempre in Italia, anche un recente film sulla vita e le opere di Giacomo Leopardi finisce per intitolarsi, fatalmente, Il giovane favoloso. Se a questa serie di ricorrenze si aggiunge la ristampa anastatica di Quarta generazione. La giovane poesia (1945-1954), antologia curata nel 1954 da Pietro Chiara e Luciano Erba e riproposta nel 2014 dalla Nuova Editrice Magenta di Varese, una presenza così assidua dell’aggettivo «giovane» arriva a farsi addirittura sorprendente. La questione assume connotati ancor più interessanti se pensiamo che il titolo di Quarta generazione sarebbe dovuto essere, secondo le intenzioni iniziali, La giovane poesia.

L’operazione di Chiara ed Erba è fin dall’inizio orientata alla verifica di un’ipotesi: «Esiste la poesia dei giovani in Italia?». L’arrovellato dibattito che nasce intorno a tale domanda non si misura solo in termini editoriali, ma anche ideologici. Un supporto importante per la comprensione esatta di quello che accade è fornito oggi da Gli anni di Quarta Generazione, un corposo volume a cura di Serena Contini, con prefazione di Giorgio Luzzi, che completa l’edizione celebrativa dei sessant’anni dell’antologia di Chiara ed Erba. In esso sono riordinati i carteggi (all’incirca tutte le lettere raccolte coprono il decennio che va dal 1950 al 1960) tra i compilatori di Quarta generazione e Luciano Anceschi, allora direttore della collana che accoglie il florilegio e dove, soltanto due anni prima, erano usciti con la sua curatela i sei poeti di Linea lombarda.

Come si legge nella nota di Contini – e direttamente nell’apprensione con cui Erba scrive a Chiara – sappiamo che la rinuncia a scegliere definitivamente La giovane poesia fu il risultato di uno scontro con l’editore Schwarz, che aveva opzionato il titolo «per un’antologia in fase di pubblicazione, affidata a Salvatore Quasimodo, che però venne data alle stampe solo nel 1958 col titolo di La giovane poesia del dopoguerra». Se la questione su cosa si dovesse allora intendere per poesia “giovane” è da inserire entro il contesto di ridefinizione poetica e più generalmente culturale che caratterizza il dopoguerra, i criteri di selezione dell’antologia, in cui erano riuniti insieme trentatré poeti fra loro diversissimi – tra i quali Margherita Guidacci, Pier Paolo Pasolini, Bartolo Cattafi, David Maria Turoldo, Andrea Zanzotto, Maria Luisa Spaziani, Paolo Volponi, Giorgio Orelli, Rocco Scotellaro, Alda Merini, Nelo Risi, Elio Filippo Accrocca, Luciano Erba e Giorgio Orelli – restano l’espressione di scelte personali.

Le linee guida cui s’informa Quarta generazione sono infatti mantenute sul vago dai suoi curatori; sembra anzi che la prefazione di Chiara ed Erba eluda un indirizzo preciso: «Noi ci siamo limitati a prendere in considerazione alcuni fatti i quali possono dare ragione all’atteggiamento sospeso e dubitativo dei più anziani nei riguardi della giovane poesia. Ma siamo volutamente rimasti ai margini della questione».

Il solo indizio che possiamo reputare certo sono le date che limitano neppure troppo saldamente la «quarta generazione» proposta: 1945-1954. Si tratta, con alcune eccezioni più o meno rilevanti – tra cui quella di Pasolini, che pubblica le Poesia a Casarsa nel 1942 – dei nove anni in cui i poeti antologizzati esordiscono; l’arco temporale prescelto non ha perciò nulla a che spartire con una generazione definita soltanto su presupposti valoriali né tanto meno anagrafici, come risulta chiaro anche dall’ordine sparso in cui gli autori si susseguono all’interno del volume: «Quanto all’elencazione dei poeti – scrive Erba nel 1952 –, non ho idee chiare, per il momento. I pro e i contro per l’ordine di valore e quello di cronologia sono tanti […]». Non sussiste neppure una scelta motivata da principi di definizione di nuove correnti poetiche («Correnti di poesia» era stato un altro dei titoli proposti in extremis da Erba a Chiara). Si deve invece guardare alla continuità con Linea lombarda, di cui Quarta generazione antologizza ben quattro poeti su sei.

A conti fatti, e sulla base di un indice selettivo quanto mai eccentrico, è significativo che ad aprire l’antologia siano poeti come Umberto Bellintani e Vittorio Bodini, nati nello stesso anno di Mario Luzi, Alessandro Parronchi e Piero Bigongiari. Altrettanto significativo, sul piano dei confronti e delle eccezioni, è che Vittorio Sereni, classe 1913, non sia incluso pur avendo pubblicato Frontiera nel 1941, ossia un anno prima delle poesie friulane di Pasolini, e Diario d’Algeria nel 1947. Un discorso simile si può fare anche nel caso in cui si voglia riflettere sull’assenza di Franco Fortini, che pubblica Foglio di via nel 1946. Dev’essere stato il riferimento esplicito all’esperienza della guerra ad aver portato all’esclusione di Sereni e Fortini (pur dovendo dispensare, nel caso del primo, Frontiera, forse legata troppo alle suggestioni dell’ermetismo).

La discussione dei rapporti tra poesia e storia è senz’altro la più urgente da risolvere: «[…] il ’45 non è stato – scrivono Chiara ed Erba nella prefazione – una data letteraria: come non lo fu il ’14, come non lo fu l’89 […]». La scelta dei curatori è dunque quella di fornire esempi di una poesia il cui merito consiste nell’«istintivo, quasi inconsapevole rifiuto di una nuova retorica in fieri». A distanza di sessant’anni dalla sua prima uscita, oltre a riconfermare il valore storico di quell’operazione, la ristampa di Quarta generazione rispecchia in modo fecondo un segmento temporale caratterizzato da una serie di discontinuità evidenti sul piano ideologico-culturale. Il bisogno di una ridefinizione si accompagna in quel frangente a una rimozione del trauma che sembra farsi più che mai necessaria: «Privata, e di tutti, è la storia dei poeti che si leggeranno in queste pagine».


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